Ultima nota

Apologia delle piccole, anzi delle piccolissime cose (scelte, azioni, fatti) che si debbono fare, si dovrebbero fare. Subito. Picchio sopra lo stesso chiodo, quasi un’idea fissa, perché ben convinto che il tempo, e la situazione, con forza lo richiedono. Lo esigono.

Per riagganciare l’opera quotidiana di ciascuno di noi a una speranza di vita perduta e ritrovata.

Le piccole cose, dicevo; i piccoli atti, le giuste minute modeste ma necessarie conclusioni. Urgenti. A immediata disposizione della gente. Il complesso di queste ordinarie necessità, contrassegnate dall’urgenza, può in dettaglio essere esaminato con diretta esattezza nello specifico di una comunità delineata, delimitata e non sfuggente quale questa nostra bolognese. Realtà oggi molto stravolta e diversificata anche al confronto dei decenni trascorsi, così da disporsi come una cartina di tornasole per annotare le varie contrapposizioni. Di queste, con la presente nota, ne segnalo, cerco di segnalarne alcune.

È appena da ricordare che una città come Milano – che, dicono in ripetizione, è già in Europa – non ha depuratori per l’acqua potabile, è in questi giorni sommersa dai rifiuti sulle strade, eppure si era candidata per ospitare le prime olimpiadi del duemila. Anche Roma, con i terribili problemi di ogni genere, in ordine al traffico e all’inquinamento si è riproposta, senza tener conto che fra cinque anni sarà coinvolta nel terremoto dell’anno giubilare. Qua a Bologna si parla da mesi e mesi, si tratta e si opera accanendosi, sulla variante di valico, sull’alta velocità, sull’allargamento dell’aeroporto, sul trasferimento della stazione centrale; e si parla di migliaia di miliardi come noccioline. Senza tener conto che ognuno di questi progetti, a ognuno di questi progetti è sotteso un imponente problema cultura; una fondamentale scelta di prossima vita. La variante di valico è nient’altro, a parte il ciarpame delle vuote parole, che la scelta definitiva fra traffico stradale e traffico ferroviario, con la vittoria senza margine del primo. Le quattro ruote tempesteranno totalmente cielo e cuore d’Italia, nell’incubo dei cittadini; ma poco conta; ecco lì già pronte le imponenti tecnologie dei grandi costruttori per realizzare lo scempio definitivo dei progetti di tutela e di decoro esistenziale di una società che non vorrebbe perdere l’anima, oltre che la vita.

Ma Bologna, traboccante di denaro liquido, sembra oggi pervasa da una sorta di febbre quartana; suda ed è gelida; proferisce ogni giorno il programma imminente di progetti faraonici; intanto inzeppa problemi che non riesce più a tollerare, a sopportare.

L’università è come un corpo enorme nel ventre della città; ne snatura i problemi; ne esalta, ne stravolge le difficoltà. Camere d’affitto al minimo di cinquecentomila lire; centomila studenti, la dilatazione dei vari istituti a macchia d’olio nel centro storico. Lo scontro per le nuove sistemazioni alla manifattura tabacchi in via Riva Reno è la conferma di questa voracità, che non lascia scampo.

Intanto, le strade cittadine ridotte una gruviera; i vigili esistenti-inesistenti, fuori comunque di un servizio, quotidiano e puntuale, per i cittadini. Per il traffico, riscontriamo l’approssimazione delle varie soluzioni, sempre alla fine contraddette. Per i mezzi di trasporto pubblico, basterebbe una verifica reale sui nuovi mezzi, per avere la conferma della scarsa funzionalità di vetture pensate e realizzate a tavolino. Spazi ristrettissimi, porte che si aprono con violenza all’interno ecc. Stesso discorso per i nuovi cassoni ad uso della raccolta della carta. Per esempio: in via Marconi, prossimo al n. 11, uno è collocato vicinissimo alla fermata degli autobus, con l’imboccatura rivolta verso la strada, in modo che la persona scrupolosa rischia d’essere di continuo speronata; non solo, lo sportello che difende l’imboccatura, è durissimo e ha uno scatto violento, tanto da rendersi pericoloso per le mani.

Ma basti dire che il cittadino, in ogni occasione di pubblico servizio, è denominato, con burocratica indifferenza e spregio, utente.

Siamo a questo punto, di minutissimi sfracelli. E tanti altri potrebbero essere citati. Ma dicono: la città è già in Europa, nel mondo, è nel Duemila, è nel Tremila, perché perdersi dietro le inezie? Non da utenti, ma da cittadini, non ci perdiamo tuttavia d’animo. Restiamo con gli occhi aperti, in una Italia in cui non si governa ma ci si disperde a rendere primari sulla scena politica – è cosa di questi giorni – Bossi e Di Pietro.

Chi vivrà, vedrà. Senza rassegnarsi. Mai.

 

 

 

Carte d’Arte, anno VIII, dicembre 1995.

 

 

 

Informazioni aggiuntive

  • Tipologia di testo: articoli su quotidiani, settimanali e mensili
  • Testata: Carte d’Arte
  • Anno di pubblicazione: anno VIII, dicembre 1995
Letto 3343 volte Ultima modifica il Venerdì, 08 Marzo 2013 17:17