Commento per Arlecchino. Anzi, per Pulcinella
A proposito della dolorosa vicenda degli scolari bolognesi intossicati con i cibi elargiti dalle mense comunali, un quotidiano importante intitolava la pagina: «Vitali in salmonella»; così esplicitando in diretta l’appiattimento generalizzato di un giornalismo, quale è quello vociferante in Italia, che ha perso ogni contatto con il rigore degli avvenimenti della nostra società, e si è diluito e disperso dietro un formalismo polemico sempre più acido ma sempre più sciatto e meno mordente; smarrendo l’efficacia sostanziale del linguaggio, la giusta severità che è al seguito della chiarezza e dell’esattezza dei dati, allo scopo finale di arrivare ai responsabili, se ci sono, per evitare che situazioni infauste possano poi ripetersi. Così, invece, si scaraventa tutto con precipitosa indifferenza nel calderone della quotidianità più rissosa o più perversa, aspettando che il giorno seguente aggiunga nuovo fiele, altro livore, stravolga magari di nuovo le prospettive, oppure proponga nuovi disastri o altri episodi da perseguire gridando urlando intitolando, in totale dimenticanza dei precedenti episodi subito archiviati.
La verità è che in questo imperversare di grandi pulizie avviate da tempo e sempre più inesauste e proliferanti, tanto da sembrare senza fine, fra i grossi implacabili poteri che ci sovrastano, il regno dei giornalisti si è trovato protagonista, fustigatore a più mazze e mai toccato, neppure sfiorato da occasioni di scandalo e quindi si sente autorizzato a legiferare liberamente in materia di morale e a distribuire ogni giorno gran quantità di scrittura ammaestrevole, per ripulire i cuori dei lettori e rifornirne la mente.
Sia come sia, la mia impressione di lettore assiduo in varie direzioni e insoddisfatto in varie direzioni, anzi sospettoso in tutte le direzioni, è che nella foresta della stampa sia tuttavia in corso una lotta fra bande, oscuramente svolta e di cui noi ignoranti percepiamo solo ogni tanto il baluginio delle alabarde; e che in sostanza ci sia poco da fidarsi di tutti, in questo momento. Leggere molto si deve, ma dimenticare molto è un altro susseguente impegno. Nella questione molto dolorosa, anche politicamente, della salmonella, il sindaco di Bologna è stato dunque tirato in ballo, come il primo responsabile. Mentre è il meno responsabile di tutti. Non si dimentichi che sono già cominciate le vischiose diatribe, incongrue e poco decifrabili per il momento, collegate alle elezioni comunali di primavera. È vero, invece, che la Giunta della città, da decenni è uscita indenne da ogni recriminazione almeno, e intanto, per il campo dell’assistenza pubblica pianificata, e scolastica in particolare; avendo allestito strutture operative d’appoggio di indiscutibile modernità e correttezza.
Anche se esposto come personaggio, primo fra tutti e immediatamente identificabile, da colpire, il sindaco non può avere responsabilità diretta né può essere chiamato in correità sia pure dietro la spinta di un’emozione pubblica non più controllata per la vicenda esplosa.
In causa immediata, sempre a mio parere, e per questa vicenda deve essere richiamato l’assessorato responsabile del servizio; e l’assessore in carica, avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni. Almeno per sancire senza un attimo di incertezza la presa di responsabilità dell’amministrazione, confermandone nel contempo la preoccupata partecipazione. Ho letto che sono stati inviati, da questa parte, solo auguri vivi a studenti e genitori.
È un bene che la vicenda si vada ricomponendo nell’attenta normalità del buon governo di questa città tormentata, difficile ma anche sempre attenta – buon governo riconosciuto, al fondo, anche in mezzo alle polemiche, dalla maggioranza dei cittadini coinvolti nell’episodio – ma è giusto sottoscrivere l’impressione che sarebbe stato un gran bene, se quanto è accaduto non fosse mai avvenuto.
Le cicatrici, con rapporto del giornalismo elucubrante retorico acido e sparagnino, sparpagliato nell’inseguimento non dell’ordine giusto e della verità da rispettare ma della confusione dissacrante per mescolare tutte le carte; le cicatrici, dicevo, tarderanno a ricucirsi e arriveranno fastidiose fino all’impatto delle scadenze elettorali prossime. Come si voleva.
Sta nella buona intenzione e disposizione di chi non intende sottostare ancora una volta ai giochetti allestiti dalla politica invelenita anche sulla pelle della gente, cercare di trovare e difendere un giusto atteggiamento di fronte alle cose che dovranno accadere e dovranno trovarci protagonisti; scegliendo nella pazienza operativa (che non sia travolta dall’orgasmo di raggiungere o mantenere i risultati ad ogni costo) i rapporti utili e durevoli; evitando le giravolte estemporanee, che si consumano in un baleno; anche se sembrerebbero le più adatte e confacenti a questo periodo degno di Pulcinella. Sciocco e approssimativo a vederlo in faccia e a sentirlo gridare; ma ferocemente umano e consapevole a sentirlo commentare a bassa voce; a giudicare le cose.
Fossero eguali, a questa parte buona e reale non della maschera ma degli uomini inchiodati nella realtà, anche i politici, anche i giornali. Guadagneremmo in tempo e in fiducia.
Ma quando mai?
Carte d’arte, anno VII, novembre 1994.
Informazioni aggiuntive
- Tipologia di testo: articoli su quotidiani, settimanali e mensili
- Testata: Carte d’Arte
- Anno di pubblicazione: anno VII, novembre 1994